Universalismo esemplare. Tre forze che plasmano il mondo
Diverse fra loro e lontane per quanto possano essere le nostre culture, il mondo che voi ed io abitiamo è plasmato da tre grandi forze. La prima e più poderosa è la forza di ciò che esiste, di ciò che è già lì, nel mondo – la forza delle cose. Sperimentiamo direttamente questa forza in due maniere principali. Qualche volta la incontriamo nelle sembianze della forza dell’abitudine e della routine, della tradizione, dei costumi e della consuetudine, dell’uso comune, della prassi corrente e del sapere consolidato. La società per come la conosciamo sarebbe semplicemente impossibile se dovessimo ogni volta reinventare di sana pianta i termini della nostra cooperazione, se trovassimo caos invece di ordine quando veniamo al mondo, e se la trama di significati e attese condivise che a fatica riusciamo a creare nel corso di una vita dovesse sparire nel momento in cui lasciamo la scena. Altre volte sperimentiamo la forza delle cose in una maniera forse simbolicamente meno appariscente ma non meno oggettiva, come una mano invisibile o un’astuzia della ragione che struttura i nostri destini attraverso le conseguenze inintenzionali di ciò che compiamo intenzionalmente: pensate al modo in cui avvertiamo le oscillazioni del mercato o la marea montante della storia in momenti come la caduta del Muro di Berlino. Nell’una o nell’altra modalità, la forza di ciò che è si manifesta a noi nel modo più evidente come resistenza che i nostri sforzi per cambiare il mondo – naturale, sociale e interno – incontrano. Ecco perché – nonostante l’ovvio fatto che non potrebbe esistere alcun mondo sociale o interno se la nostra capacità di agire, originariamente libera, non mettesse capo, volontariamente o involontariamente, a modelli che durano nel tempo – il mondo ci apparirebbe una prigione, ci sembrerebbe ostile alla libertà, se la forza di ciò che è o la forza delle cose fosse l’unica che gli desse forma.
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