Sociologia dell’agire politico. Bauman, Habermas, Zizek

Francesco Giacomantonio (Studium, Roma, 2014)

Francesco Giacomantonio, già autore di studi e testi su figure e  tematiche a cavallo fra sociologia, filosofia politica e pensiero  politico, affronta in questo volume tre importanti studiosi che si  caratterizzano presso il pubblico colto (non necessariamente di soli  specialisti) per alcuni aspetti teorici e tratti della personalità. 

Zygmunt Bauman, di origine polacca, insegna per un trentennio a  Leeds. Diviene famoso una ventina d’anni fa per la formula della  “società liquida” (a volte fin troppo abusata, soprattutto dall’ingordo  mercato editoriale e massmediatico). È autore di una sessantina di  volumi e, malgrado i 90 anni, gira ancora l’Europa per conferenze e  seminari. 

Jürgen Habermas opera da giovane nell’ambito del famoso Istituto  per la ricerca sociale di Francoforte. Tanto viene apprezzato da  Adorno, quanto subisce l’ostilità di Horkheimer. Dagli anni Ottanta  affida le sorti del sociale e del politico alle virtù dell’agire  comunicativo, alla cogenza dei diritti di cittadinanza e al ruolo  strategico dell’Europa unita. Così facendo si distacca dall’originale  approccio tardo-francofortese trasformandosi in liberal democratico. 

Slavoj Žižek è un abile comunicatore (a volte eccessivo nelle forme,  quanto radicale nei contenuti), unisce una produzione vertiginosa di  libri e articoli ad una doppia formazione e professione: filosofo e  psicoanalista lacaniano. Dirige a Londra il Birkbeck Institute for the  Humanities

Oggetto cruciale del testo è, attraverso il pensiero di tali figure  intellettuali, una riflessione di sociologia teorica sull’agire politico,  ma il discorso si mostra, sin dalle prime pagine, significativo per  pensare filosoficamente il Politico – oltre che sociologicamente. Anzi,  tali piani vengono considerati imprescindibili per qualsiasi  riflessione sull’agire nella pòlis (in senso lato).  

La Premessa parte già con tre chiare definizioni di sociologia della  politica, scienza politica e filosofia politica – non raramente oggetto  di confusione. Tali definizioni si concentrano, rispettivamente, sulle  analisi della costruzione sociale, sui meccanismi istituzionali,  sull’approccio normativo-ideale. 

Il volume si divide in cinque parti: i due estremi sono costituiti dal  Capitolo I incentrato sull’agire sociale e dal V che indaga il senso  della politica (e del Politico). Al centro troviamo un capitolo per  ciascuno dei tre pensatori. 

Per decenni i partiti politici contemporanei – sin dall’avvento della  società di massa nel ‘900 – svolgono la funzione d’incanalare l’agire  politico lungo i percorsi elettorale, di opinione pubblica,  parlamentare, <<normando le potenziali conflittualità tra le parti  sociali>> (p. 11). Ma nel passaggio fra Novecento e Duemila la crisi  di legittimazione, fattasi già sentire negli anni Settanta (si vedano le  opere di Habermas, Offe e O’Connor sul capitalismo maturo) fa arretrare la forma partito dallo scenario sociale a beneficio di un neo  individualismo, di forme di protesta difficilmente coordinabili ma  intense, nonché di movimenti collettivi che vanno dagli alter global  (affermatisi a Seattle nel novembre 1999, in occasione delle  contestazioni ad una riunione del WTO) a Occupy Wall Street e M15,  fino Syriza in Grecia e Podemos in Spagna – che sono sì partiti, ma  di evidente natura movimentista 

Giacomantonio evidenzia il ruolo di un sapere sociologico e di una  riflessione filosofica operativi ognuno nel proprio ambito e al  contempo collegati nell’indagare funzionamento, senso, problemi dell’agire politico,. La riflessione sociale <<prende senso compiuto  quando mira a costituire una visione della realtà sociale e politica  alternativa a quella presentata dai discorsi politico e quotidiano in  genere. Ossia, quando, tra l’altro, orienta anche un agire politico>>  (p. 14). 

In senso complessivo (e a un tempo complesso), il dispiegarsi della  modernità determina il profondo modificarsi degli universi simbolici.  Dalla scienza all’economia, dalle humanities alla psicologia  individuale e collettiva, fino alla morale, tutti i più significativi  insiemi di significati condivisi dagli uomini cambiano in rapporto  all’apparire di sempre nuove tecnologie e alla massificazione delle  società europee e nordamericana, alla conduzione della guerra di  materiali (per dirla con Jünger), all’ascesa dei fascismi e al modello  di democrazia del Welfare sperimentata in Scandinavia, Stati Uniti e  Gran Bretagna fra fine anni Venti e metà Quaranta. 

Esaminando le tappe della crisi dell’agire politico, Giacomantonio  ricorda l’analisi delle scienze europee analizzata da Husserl, la  riflessione sui fascismi europei e la degenerazione del comunismo in  stalinismo messa in campo da Adorno, Horkheimer e Marcuse;  esamina poi le considerazioni sulla sfera pubblica, di Hannah  Arendt. 

Il mutato rapporto uomo/natura e il ruolo crescente della tecnica  sono alcuni degli elementi chiave evidenziati da questi pensatori.  Non è solo questione di cultura e civiltà in crisi, ma anche di scelte  individuali. E sono proprio i tre sociologi e filosofi indagati nel  volume ad essere in prima fila nello studiare lo statuto dell’individuo e la sua connotazione politica: Bauman alle prese con l’indagine di una società che ha smarrito punti fermi ed è orfana di ideologie (la citata “liquidità” di condizioni e prospettive); Habermas nello sforzo  di costruire un’arena pubblica di discussione e decisione alla luce di  un neo illuminismo; Žižek nell’ancor più arduo tentativo di riavviare un pensiero radicale e comunitario,. 

Ricordando un sociologo a volte dimenticato come Norbert Elias,  l’Autore collega profondamente i processi d’individualizzazione e  civilizzazione, considerando la società contemporanea come società  individualista: nel processo di modernizzazione si afferma la figura  <<dell’individuo come proprietario della propria persona e delle  proprie capacità>> (p. 21). 

Bauman intitola uno dei suoi più fortunati lavori La società  individualizzata. La biografia individuale appare, in quest’ottica, come l’ esito dell’insieme di elementi che influenzano l’individuo – fra famiglia e società, mondo del lavoro e sfera affettiva, consumo e  formazione/cultura. La crisi della razionalità scuote tutti i  sottosistemi sociali: giustamente Giacomantonio discute l’affermarsi  di una <<cultura terapeutica>> che attiva un Io dipendente.  L’egemonia del Soggetto deve passare attraverso la riconquista della  ratio, la dialettica con l’Altro e il coltivare l’immaginazione (p. 27). L’Autore assolve bene al compito che si è prefisso: non certo  tracciare un riassuntino scolastico sui tre pensatori del sociale e del  politico, quanto l’identificarne i punti salienti del percorso  intellettuale. Il rapporto fra pubblico e privato, il liquefarsi della  modernità, gli spazi dell’etica e della politica, il concetto  d’individualismo radicale per Zygmunt Bauman; il “metodo”  dell’agire comunicativo, il ruolo del multiculturalismo in una società  a democrazia matura, lo sviluppo di un vero e proprio illuminismo  politologico in Jürgen Habermas; la ricostruzione di un soggetto  forte nel panorama sociale e nell’arena politica, in grado di  organizzare una critica collettiva al modello neoliberale di  capitalismo, che si afferma con la globalizzazione a partire dagli anni  Novanta, nella riflessione di Slavoj Žižek. 

Un osservatore critico in merito a queste posizioni, potrebbe forse  manifestare, da una parte, una certa distanza dalla svolta  habermasiana che coltiva l’illusione di un’arma (in realtà spuntata)  come quella della società comunicativa, e, dall’altra, invece, una  maggiore condivisione della conclusione del capitolo dedicato al  filosofo e psicoanalista sloveno, ritenuto <<forse, l’ultimo erede,  seppur indiretto, della tradizione della Scuola di Francoforte; in  fondo, ne condivide gli strumenti epistemologici: psicoanalisi,  marxismo, analisi sociologica; ne riflette la visuale critica  dell’esistente e aperta al futuro; mette al centro della sua riflessione  il nesso tra la soggettività e la politica>> (p. 84).) 

Particolarmente prezioso è il capitolo conclusivo, Il senso della  politica, che assolve al compito di leggere il pensiero dei tre studiosi  alla luce di tematiche di grande attualità e, diciamo anche, di  urgenza. Basta ricordare qualche argomento discusso nei sette  paragrafi che compongono il capitolo: il rapporto fra libertà e spazio  sociale, la spoliticizzazione che si accompagna alla privatizzazione  politica emancipatoria e politica della vita (artificiosa distinzione  operata da Anthony Giddens con i suoi nefasti risultati nella cool  Britannia dei tre governi Blair) fino all’attualissimo ritratto  sociologico critico del neoliberismo, in cui si de-socializza, si deistituzionalizza, si de-politicizza a tutto vantaggio dei flussi  economici che regnano incontrollati e senza più confini grazie alla  dominante globalizzazione.

26/11/2016
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