Nuove tirannidi. Conseguenze inintenzionali della dipendenza della politica dalla scienza
1. Premessa
Anche coloro ai quali la politica non piace e ritengono che la mission dei liberali classici e degli anarco-libertari sia di occuparsene al fine di ridurla, comunemente credono che un incremento della conoscenza delle ‘cose politiche’ potrebbe avvi cinare l’obiettivo. E questo perché, se il desiderio di politica nasce dall’incertezza e la conflittualità da una scarsità di conoscenza e di beni, essi pensano sia che un generalizzato incremento della conoscenza e della sua diffusione sociale potrebbe migliorare gli esseri umani e agevolare il conseguimento del fine, sia che il pro gresso scientifico potrebbe rendere possibile produrre tramite il mercato quei beni pubblici per la cui produzione la politica viene ritenuta indispensabile. La loro credenza fondamentale è che ‘catallassi’ diminuirà la scarsità e i conflitti ad essa connessi, e che un sistema di ‘agenzie’ potrebbe regolare le controversie sui ‘diritti’ in misura migliore, più efficiente e più economica rispetto all’amministrazione della giustizia prodotta dallo stato.
Per questi motivi, i liberali e gli anarco-libertari sono del parere che lo «unpleasing spectacle» offerto dalla politica sia da attribuire principalmente al fatto che debba dare risposte tempestive al desiderio di accelerare processi che (e chissà perché!) non avvengono nel tempo atteso da chi quel desiderio esprime, e che per far questo anche lo statista più mite (ammesso che la categoria esista) non possa fare a meno usare la coercizione, la ‘nobile menzogna’ e di patteggiare con uomini, con santi e con diavoli (tutti più o meno intelligenti).
[Per leggere di più, vedi allegato]