MONTESQUIEU OGGI E IERI

D. Felice (Milano, Bompiani, 2014.)

Dopo più di due secoli e mezzo dalla morte di Charles-Louis de Secondat, barone di La Brède e di  Montesquieu (1689-1755), le sue innovazioni in àmbito giuridico-politico e filosofico-sociale  continuano ad interessare e ad influenzare il dibattito filosofico e politico contemporaneo. In tale  quadro, l’edizione di Tutte le opere (1721-1754), Milano, Bompiani (“Il pensiero occidentale”),  2014, costituisce una tappa importante del contributo italiano allo studio e alla conoscenza  dell’autore bordolese. Questa pubblicazione, a cura di Domenico Felice, uno dei massimi studiosi  ed esperti a livello internazionale di Montesquieu, docente di Storia della Filosofia e Storia della  Filosofia Politica presso l’Università di Bologna, raccoglie nuove traduzioni, ampiamente annotate  e con testo originale a fronte, di tutti gli scritti che il pensatore francese fece uscire durante la sua  vita, e cioè: le Lettres persanes (1721), il Temple de Gnide (1725), l’edizione del 1748 delle  Considérations sur les causes de la grandeur des Romains et de leur décadence (1734), il Dialogue  de Sylla et d’Eucrate (1745), l’edizione del 1750 dell’Esprit des lois (1748), la Défense de l’Esprit  des lois (1750) e il Lysimaque (1754). Il volume contiene anche l’Introduzione di Felice,  bibliograficamente aggiornata rispetto al testo stampato l’anno precedente all’interno di una sua  monografia dedicata all’autore di La Brède dal titolo Introduzione a Montesquieu. Nel saggio  preliminare viene offerta una descrizione delle opere riunite nel libro e si illustrano gli aspetti  principali delle teorie e dei punti di vista montesquieuiani. Inoltre, sono racchiusi nel volume  apparati e sezioni di grande rilevanza e utilità: la dettagliata Cronologia della vita e delle opere di  Montesquieu e l’ampia Bibliografia (articolata nelle tre rubriche “Repertori e passate edizioni  francesi” e “Edizioni italiane” degli scritti inclusi nel volume, e “Letteratura secondaria [1952- 2012]” riservata al filosofo transalpino), entrambe a cura di Piero Venturelli; le schede di  presentazione e le Appendici ai singoli testi; gli Indici degli argomenti trattati. 

«Non vi è un solo evento rilevante, nella nostra storia recente, che non possa rientrare nello  schema di intuizioni tracciato da Montesquieu». Questa celebre citazione da Hannah Arendt,  riportata a mo’ di epigrafe nell’Introduzione di Felice, testimonia il potente fascino e l’influenza che  le concezioni montesquieuiane esercitano non soltanto in epoca moderna, ma anche durante il  Novecento, grazie alla molteplicità dei temi che il pensatore settecentesco affronta nelle sue opere e  all’innovazione delle riflessioni in àmbito filosofico-politico, giuridico e sociale.  L’analisi di un concetto come quello di despotisme de la liberté, coniato da Jean-Paul Marat per  indicare l’esperienza politica dei giacobini francesi; o la distinzione, elaborata da Benjamin  Constant, tra «dispotismo diretto» (o «palese»), formula con la quale egli designa l’oppressione del  dominio giacobino, e «dispotismo indiretto» (o «dei moderni»), locuzione che l’autore svizzero  applica alla Francia post-rivoluzionaria di Napoleone; o la nozione di despotisme de la majorité,  alla quale Alexis de Tocqueville ricorre allorché prende in esame la giovane democrazia  americana; o il «dispotismo idraulico» di Karl August Wittfogel e i suoi punti di vista intorno alla  connessione tra le opere idrauliche e la centralizzazione del potere imperiale cinese, sono solo  alcuni degli esempi che certificano l’incidenza delle teorie montesquieuiane sull’intera tradizione  filosofico-politica occidentale. Infatti, numerosissimi altri illustri pensatori, studiati e celebrati per  l’originalità delle proprie idee, ritrovano in Montesquieu un antecedente teorico: come si ricorda  nell’Introduzione, emblematico è il caso di Immanuel Kant. Questi, senza riconoscere alcun merito  all’autore di La Brède, fa propria sia la teorizzazione montesquieuiana della struttura degli Stati che  definisce «moderati», cioè gli Stati di diritto; sia la distinzione tra i governi repubblicani, basati  sulla separazione dei poteri. Anche se Kant «sottolinea l’importanza della separazione del potere  esecutivo dal potere legislativo», Montesquieu «sottolinea invece particolarmente […] l’importanza  della separazione del giudiziario dagli altri due poteri». Inoltre, il filosofo tedesco riprende la  trattazione che l’autore francese dedica ai governi dispotici (caratterizzati dall’accentramento dei  poteri nelle mani di un solo individuo) e ai princìpi imprescindibili per lo sviluppo di una «pace  perpetua» mondiale.  

Felice mette in risalto anche come la tripartizione montesquieuiana (dispotismo, repubblica,  monarchia) venga ripresa e posta da Hegel quale criterio di evoluzione della «storia del mondo»  (Weltgeschichte). Non solo: Hegel attribuisce esplicitamente a Montesquieu il merito di aver  elaborato la nozione di esprit général di un popolo, di aver individuato nella tripartizione dei poteri  la garanzia necessaria per la libertà pubblica e di aver parlato dell’esistenza di un principe alla base  delle diverse forme di governo.  

Nell’Introduzione vengono ricordati alcuni dei più importanti «eredi» montesquieuiani:  Auguste Comte, Hippolyte Taine ed Émile Durkheim, per quanto riguarda l’Ottocento; Friedrich  Meinecke, vissuto a cavallo tra il XIX e il XX secolo; autori novecenteschi come Louis Althusser,  Hannah Arendt e Raymond Aron. Negli ultimi due, Felice crede di poter riconoscere gli interpreti  più fedeli di Montesquieu, al punto che non esita a definirli «dei veri e propri alter ego del filosofo  di La Brède». Aron elogia e fa proprie la “sintesi” che Montesquieu opera fra teoria della politica e sociologia,  quando foggia dei tipi che, oltre ad essere forme di governo, risultano anche forme di  organizzazione sociale, articolate in base al modo in cui viene esercitato il potere. Ma è soprattutto  Arendt a riconoscere l’innovazione delle «intuizioni» montesquieuiane, da lei riprese e  rielaborate. La filosofa attinge dal pensatore settecentesco alcuni elementi fondamentali della  propria riflessione, come ad esempio la distinzione fra nature e principe dei governi, l’idea di  potere come relazione, il principio della separazione dei poteri, la concezione dell’uomo e la  nozione di esprit général. Non solo: Arendt riprende la stretta connessione tra politica e libertà, e la  distinzione tra la libertà filosofica e quella politica; in più, afferma esplicitamente che il concetto di  dispotismo di Montesquieu ha avuto un ruolo centrale nell’elaborazione del proprio concetto di  totalitarismo.

Alla luce di quanto detto, si possono comprendere forse meglio il valore e la straordinaria  incidenza che i punti di vista montesquieuiani hanno svolto nello sviluppo della cultura filosofico politica moderna e contemporanea; e ciò rende ancora più interessante e ricco di spunti di  riflessione il volume che stiamo qui presentando. 

Il contributo offerto da Montesquieu consiste, da un lato, nell’aver egli rivoluzionato alcuni  princìpi basilari del sapere giuridico-politico europeo precedente – grazie alla tripartizione delle  forme di governo in monarchia, repubblica (aristocratica o democratica) e dispotismo e al fatto che  quest’ultimo, per la prima volta, viene considerato come una forma indipendente di governo e non  come la degenerazione del potere monarchico; all’idea di legge intesa come rapporto fra gli uomini;  all’analisi dedicata alla proporzionalità tra pene e delitti; alle riflessioni circa la distinzione tra  delitto e peccato, e circa il totale rifiuto della pratica della tortura in nome dell’assoluto rispetto  della dignità umana – e, dall’altro, nell’aver gettato le fondamenta, come risulta ogni giorno più  evidente, delle odierne istituzioni democratiche, e nell’aver creato una “sociologia” universale dei  sistemi politico-sociali, attraverso la teoria sull’esistenza di uno «spirito» peculiare di ogni popolo,  il principio della divisione e del controllo reciproco dei poteri all’interno di uno Stato (in quanto  principio imprescindibile per raggiungere quell’equilibrio e quella moderazione, presenti in natura,  anche nell’àmbito delle forme di organizzazione giuridico-politiche), l’idea di legge intesa come  rapporto fra gli uomini, le riflessioni di carattere economico-finanziario e l’innovativa teoria di  una repubblica federale d’Europa. 

Per le ragioni succintamente esposte e per tante altre che se ne potrebbero aggiungere, riteniamo  che questa eccellente iniziativa editoriale della Bompiani sia una risorsa indispensabile per  chiunque, a livello internazionale, voglia approfondire – a partire dai testi – il pensiero  montesquieuiano nelle sue molteplici componenti e di queste individuare correttamente la posizione  e l’importanza nei diversi àmbiti o discipline della filosofia “pratica” (filosofia morale, filosofia  politica e filosofia del diritto) e delle scienze umane (sociologia, economia ecc.).

11/10/2015
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