MENTE, LINGUAGGIO E IDEOLOGIA IN CHOMSKY: Dalla sintassi generativa alla grammatica del potere

“La scienza della mente ha illuminato un vasto panorama di pensiero inconscio: il 98 per cento  dell’attività mentale ha luogo senza che ne siamo consapevoli. Nella sua maggior parte il pensiero  inconscio ha a che vedere con la politica. La mente che non possiamo vedere gioca un ruolo enorme  nel determinare il modo in cui il paese è governato”. Nonostante ciò la maggior parte della gente  ha ereditato una teoria della mente che risale all’ Illuminismo, per cui la ragione è concepita come  conscia, di natura logica e non emozionale, incorporea e finalizzata alla realizzazione del nostro  utile. Per quanto radicalmente messa in crisi, tale concezione è tuttora in auge; e se in certi aspetti  dell’esistenza non viene ad assumere rilievo, tuttavia in ambito politico può avere conseguenze  molto dannose; e ciò nel senso che produce un’idea ingannevole delle ideologie politiche e del  modo in cui ragionano gli elettori; cela al pubblico e alla stampa le reali manovre politiche che il  conservatorismo contemporaneo intende portare a termine; distorce la finalità di importanti  questioni; ha l’effetto di frenare la diffusione di valori morali in generale, a tutto vantaggio di un  meschino qualunquismo egoistico; in tal senso crea il terreno per il fallimento di ogni progetto  progressista e neoliberal. Si deve con ciò concludere che la scienza cognitiva sia una sorta di lente  che anziché favorire, impedisce e offusca la visibilità e la trasparenza delle dinamiche politico-sociali, così come quelle individuali? Non si tratta in effetti di questo, secondo il pensatore  americano, che è in genere considerato tra i maggiori allievi di Chomsky.

[Per leggere di più, vedi allegato]

19/10/2014
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