La via verso l’alto: autonomia dell’anima e politica nella Repubblica di Platone
1. Platone e la politica
A partire dagli anni ’30 del secolo scorso e nell’epoca della guerra fredda, il pensiero di Platone – accusato di fondare teoricamente il totalitarismo, fu oggetto di una discussione accesa. Uno degli esiti di questo dibattito è una certa riluttanza a confrontarsi con Platone come filosofo politico, preferendone, piuttosto, una lettura storico-antropologica.
Nel 1949, a margine di questa disputa, E. Unger ricordava che la tesi centrale della Repubblica è la subordinazione della politica alla filosofia. Platone tenta di produrre una legittimazione del potere fondata sull’autorità della conoscenza, e sulla base di questa legittimazione presenta il suo progetto politico. Per contestarlo possiamo seguire la via difficile di confutare la sua filosofia, riconoscendo l’autorità del sapere come fonte di legittimazione politica, oppure la via facile di attaccarlo esclusivamente sul piano politico, come hanno fatto molti pensatori della guerra fredda. Ma se la filosofia e la politica sono ambiti radicalmente differenti e se la prima non ha giurisdizione sulla seconda, allora le istituzioni politiche devono essere pensate come espressione di poteri e di opinioni non formalizzabili e non legittimabili teoreticamente. Questi poteri e queste opinioni possono anche essere o essere state umanitarie e democratiche, ma, se sono indipendenti dalla teoria, sono o sono state tali solo per un felice accidente della storia.
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