La filosofia politica contemporanea

L. Cedroni, M. Calloni, Le Monnier (Le Monnier, Firenze, 2012)

Il volume La filosofia politica contemporanea, curato da Lorella Cedroni e Marina Calloni, è  sostanzialmente un libro di filosofia pratica vista attraverso una prospettiva realista della teoria  politica. Così come tante sono le filosofie politiche che hanno caratterizzato l’occidente politico e la  sua cultura, altrettanto può dirsi della teoria politica, sempre più orientata su argomenti relativi a  temi che coinvolgono l’impianto metodologico della filosofia politica contemporanea e ci inducono  a riflettere e ad interrogarci sui caratteri che definiscono la natura giusfilosofica e politologica della  stessa filosofia politica. 

Che nel passato ci siano stati studi compiuti sulla scia giusfilosofica è innegabile, vista l’ampia  bibliografia di riferimento a partire da Bobbio, ma che negli ultimi anni si sia tornati a riproporre  temi di natura filosofico-politica senza escludere il dato normativo è significativo soprattutto se si  pensa che viviamo tra sistemi e sottosistemi in cui è palese il recupero di certi modi di affrontare la  politica configurata in macroaree, tra queste l’etica, il diritto, l’economia. 

Ebbene il volume La filosofia politica contemporanea, dietro lo scenario di un’etichetta di rango  elevato, codificata, per così dire, da Bobbio negli anni Settanta, prospetta un superamento della  stessa, e si correda di interventi di vario taglio scientifico, sia per apparato di ricerca condotta sui  testi – particolarmente ricca la bibliografia di riferimento alle diverse tematiche – sia sulla base di  indagini condotte all’interno di nuovi paradigmi di pensiero, e tenta un recupero delle modalità  attraverso cui la filosofia vive la sua storia sospesa tra uno spazio che non riesce più a definire i suoi  confini, ed un tempo che ha perso il senso di unità e che rimanda, pur inconsapevolmente, ai temi  classici della filosofia politica quali il liberalismo, il neocontrattualismo, il repubblicanesimo,  l’utilitarismo. 

Accanto a questi temi se ne propongono di nuovi.  

Generi e femminismi, di Marina Calloni, che, partendo dalla teoria della donna come costruzione  sociale, apre la questione del “realismo di genere” ed approda alla impossibilità di cancellare la  differenza di genere data la singolarità ed unicità che caratterizza “ogni singolo individuo, uomo o  donna che sia” (p. 85). 

Multiculturalismo di Barbara Henry, che, dopo aver analizzato le implicazioni legate alla  polivalenza ed incombenza del termine, soprattutto in ambito socio-economico, cerca le ragioni  critiche ancorate alla stessa circolarità del termine, sia in relazione ad inebrianti atteggiamenti  sociali, sia riguardo a gruppi umani, sia a contesti sociali ed istituzionali.  

Accanto a questi temi se ne propongono altri che tanto nuovi non sono, come il potere e la  biopolitica ma, data la dinamica stessa del potere e i nuovi strumenti psicoanalitici adottati per gli  approfondimenti di settore, ci autorizzano a valutarne la grande attualità e novità. Tutti questi temi sono affrontati e sviluppati rispondendo ad un unico codice interpretativo che tiene  conto dall’analisi del linguaggio, specificatamente politico. 

Le coordinate del lavoro seguono, quindi, una traiettoria ben definita e consolidata. Si tratta di  questioni che conducono ad un esercizio di comprensione della filosofia vista come problema. Ciò si evince da più elementi.  

Il primo è quello che scaturisce dal rapporto analisi del linguaggio politico e filosofia politica, in cui  la differenziazione tra linguaggio e discorso politico porta ad individuare l’ambito di pertinenza – ossia la politica – all’interno di una forma-funzione “atta a produrre effetti sui comportamenti e sulle  decisioni politiche e quindi ad interrogarsi con il sistema politico” (p. 15), il cui punto di  intersezione è dato dall’esperienza comunicativa che “è politica” in quanto presuppone la pluralità.  Autori della portata di Arendt, Habermas, Luhmann, Pocock, Freeden e Allan Smith, solo per  citarne alcuni, schiudono le questioni aperte che su questo tema si incontrano con atteggiamenti  pluridisciplinari come nel caso della politolinguistica. Non c’è forse un rischio troppo grande di contaminazione? Lorella Cedroni sostiene che più che di contaminazione si può parlare di  arricchimento. 

Ebbene se la contaminazione, non certamente vista in senso dispregiativo, si fa corollario  dell’arricchimento, dobbiamo constatare che questo è il dato del nostro tempo e il recupero di  un’etica del discorso apre, con Stefano Petrucciani, per non dire con Habermas, uno spazio in cui si  colloca una teoria politica di tipo dialogico e comunicativo su cui riposa però, da parte dell’autore,  una critica sulle forme appiattite della teoria democratica, risultato di un’istantanea della realtà già  prodotta che ha infranto il senso dell’umano antropizzato, minandone lo sviluppo. La via d’uscita è  forse quella suggerita dalla proposta politica di Martha Nussbaum e del suo recupero delle  emozioni? D’altra parte la politica non genera solo conflitto.  

Segue il liberalismo, che è una categoria forte al cui interno si possono individuare le dinamiche dei  diversi sistemi che hanno garantito a lungo gli equilibri dati all’interno delle società occidentali. Ma  a che punto sono le frontiere rawlsiane del consenso per intersezione e della ragione pubblica?  Come si confrontano con il multiculturalismo e in che modo il self elaborato da Barbara Henry si  incontra con il modello ascrittivo-normativo? Ed inoltre reggono ancora le teorie contrattualiste  elaborate da Hobbes e da Kant? L’autrice del saggio Neocontrattualismo e teorie della giustizia,  Antonella Besussi, prospetta l’idea secondo cui un paradigma, per essere soddisfacente, deve  potenziare e raffinare l’esperimento mentale per la valutazione normativa di stati del mondo; ma in  che modo e quale esito hanno avuto le diverse applicazioni? 

Una prospettiva realista della teoria politica contemporanea è quella che possiamo desumere dalle  teorie sul potere da cui si sprigionano le nuove sfide della filosofia politica contemporanea; anzi  come emerge dal saggio di Bazzicalupo, Potere e biopolitica, e dalle questioni aperte, è opportuno  vedere, in primo luogo, se il potere possa essere considerato “come libertà concreta, contestuale, o  se la potenza-libertà vada pensata come presupposto, libertà assoluta e filosofica” (p. 172) oppure vedere il potere come un gioco di contrapposizioni: da un lato le tesi foucaultiane, dall’altro quelle  cognitive e naturaliste. Oppure vedere il potere come neutralizzazione del politico, o convenire con  Butler e la teoria dell’assoggettamento del soggetto che passa ad un livello di dipendenza dal potere.  La relazione tra linguaggio politico e teoria politica trova una linea di connessione proprio nel  lessico del repubblicanesimo in cui parole chiave come virtù, corruzione, fortuna, bene comune si  incontrano con la natura dialogica di un ritorno ai classici del repubblicanesimo nord-americano ad  opera dei costituzionalisti che, pur nel rispetto dei principi cardini del costituzionalismo classico, si  interrogano, di fronte allo scenario della politica globale, su quale possa essere il contributo offerto  significativamente al politico in azione. Di certo prevale un sano realismo repubblicano che  costruisce il suo codice estetico proprio nello spazio dei sentimenti, dei principi e delle passioni  “pur mantenendo in luce”, come scrive l’autore, Luca Baccelli, “la relativa autonomia della politica  dalla morale ed individuando specifici valori politici, distinti dai valori morali” (p. 191). Come si possano scindere le due categorie di valori non è così facile data la complessità  dell’armamentario concettuale su cui si costruisce giorno dopo giorno l’operari della politica che va  sempre più verso un sistema allocativo dei valori piuttosto che verso una prassi comunicativa  finalizzata al perseguimento del bene comune.

20/10/2013
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