L”impazienza della libertà”: autopoiesi e perdita di sé in Michel Foucault
In un’intervista rilasciata a pochi mesi dalla sua morte, Foucault afferma di non essere sicuro di aver chiarito adeguatamente in precedenza le nozioni di potere e di dominio. Nel tentativo di delineare in maniera più precisa la loro differenza, il filosofo francese definisce le “relazioni di potere (relations de pouvoir)” come relazioni all’interno delle quali si cerca di dirigere la condotta dell’altro. Si tratta di rapporti mobili, che possono modificarsi e che non sono dati una volta per tutte, di giochi strategici aperti tra le libertà. Gli “stati di dominio (états de domination)”, invece, si creano quando un individuo o un gruppo sociale riescono a bloccare delle relazioni di potere, a renderle immobili, irreversibili. Tra le due forme di rapporto vi sono poi le tecnologie di governo, ossia la maniera in cui si governa; spesso è proprio attraverso queste tecniche che vengono instaurati e consolidati gli stati di dominio. Il potere, allora, non va considerato come un male, qualcosa di cattivo in sé, da cui bisogna affrancarsi. Ad esempio, osserva Foucault, fa parte delle relazioni d’amore che si eserciti un potere sull’altro in un gioco strategico aperto, in cui cioè le posizioni possano essere continuamente ribaltate. Ciò che conta è riuscire a darsi delle regole di diritto, delle tecniche di gestione e un ethos, la pratica di sé, capaci di evitare che i giochi aperti di potere si fissino in stati di dominio. Il potere è qui inteso come rapporto, sempre aperto e reversibile, in cui si cerca di “governare” l’altro, ossia di “strutturare” il suo “campo di azione”, di guidare la sua condotta; è “un’azione su un’azione”, su un’azione presente o futura. A differenza degli stati di dominio, in cui le pratiche di libertà non esistono o sono molto limitate, le relazioni di potere presuppongono sempre la libertà di coloro che vi sono coinvolti, il riconoscimento dell’ “altro” come soggetto che agisce; là dove uno dei termini della relazione subisce una violenza illimitata, ed è dunque ridotto ad una condizione di totale passività, non vi è più potere. E’ proprio perché la libertà è ovunque che i rapporti di potere attraversano tutto il campo sociale.
[Per leggere di più, vedi allegato]