Declinazioni della democrazia: tra recente passato e futuro prossimo. Atti del convegno in onore di Maria Corona Corrias.
Federica Falchi (Centro Editoriale Toscano, Firenze, 2015)
Innumerevoli sono i percorsi che hanno condotto quella particolare organizzazione del potere che definiamo democrazia ad affermarsi nel mondo, e l’analisi di queste traiettorie teoriche e istituzionali presenta adesso una letteratura inesauribile, che, ad oggi, ci ha permesso di conoscere in modo approfondito molte delle declinazioni del fenomeno democratico, a partire dalla sue origini fino ai giorni nostri. Questo ci permette di dire che, al di là delle leggende sui miti fondativi, la democrazia non rappresenta il frutto del genio o della fantasia di un singolo individuo in un dato momento, bensì è la risultante, in determinate condizioni storiche, della lotta tra gruppi sociali attraverso cui si afferma alla fine un modello partecipativo e condiviso del potere.
Ad un’indagine diacronica del fenomeno dagli antichi natali ellenici ha dedicato l’attenzione il convegno tenutosi a Cagliari il 17 e 18 maggio del 2013, di cui il volume raccoglie gli atti. L’opera segna un ulteriore e poderoso apporto teorico agli studi sulla democrazia. I contributi analizzano le varie facce e alcune delle numerose voci che hanno permesso il radicarsi dell’ordine democratico fino alle società contemporanee.
Molti filoni di pensiero hanno influenzato le odierne categorie democratiche, le attuali domande di partecipazione, le questioni sui diritti, le istanze di genere, fino alla forma stessa dell’assetto istituzionale democratico. Il percorso teorico-evolutivo della democrazia va compreso alla luce di tutti quegli aspetti che compongono un simile poliedrico fenomeno e che ne hanno permesso l’affermazione nel corso delle epoche storiche.
Dalla conquista costituzionalista, che diviene baluardo contro lo stato assoluto e la sua affermazione in democrazia costituzionale, come sostiene Antonio Zanfarino nel saggio che inaugura l’opera, il merito democratico sta nella creazione di quello spazio aperto in cui diverse esperienze si confrontano, non scontrandosi perché compatibili, accomunate da “medesime scelte di civiltà di un popolo”, che si riconosce nel suo autolimitarsi, e nell’autolimitazione afferma i principi democratici, pur contemplando anche la loro difettività.
A legittimare la forma democratica di governo nel XIX secolo interverranno anche le teorie utilitariste, un tema preso in esame da Franco Maria Di Sciullo, interpretando il pensiero benthamiano. È attraverso l’istituto della rappresentanza, infatti, che, come afferma Jeremy Bentham, la democrazia esaudisce l’auspicio utilitarista della tensione verso la massima felicità per il maggior numero.
Un ulteriore aspetto, al quale dà voce Anna Maria Ginevra Conti Odorisio, è quello del rapporto che intercorre tra donne e democrazia. Quest’ultimo spesso non è stato affrontato e intessuto nella trama democratica, tuttavia ha ricevuto un forte impulso all’affermazione dei principi democratici di libertà ed eguaglianza fin dal Seicento, seppur attraverso pochi esempi, come quello de La Grande Madamoiselle, di cui la Odorisio ci descrive l’impegno politico ai tempi della Fronda. La donna diviene protagonista anche della speculazione filosofica di William Thompson, il quale, come ci descrive la curatrice dell’opera Federica Falchi, si distingue dai suoi contemporanei proprio per l’impegno che dimostrò nell’affermare la necessità di costruire una società in cui regnasse il principio di eguaglianza, e che quest’ultimo si concretasse nell’inclusione delle donne all’educazione scolastica, all’accesso alla conoscenza e soprattutto attraverso il riconoscimento a queste della piena capacità giuridica.
Nel XX secolo le donne saranno parte attiva delle rivendicazioni democratiche, e Rosanna Marsala analizza nel suo saggio come sia stato fondamentale il loro impegno per contrastare la discriminazione del genere femminile, in tutti gli ambiti decisionali: dal diritto di partecipazione politica, elemento chiave per una radicale svolta e punto di rottura determinante per fondare uno Stato nuovo, in cui la donna fosse rappresentata, all’affermazione dello status pieno di donna lavoratrice; non più un unico orizzonte di collocazione dunque, quello domestico, ma un nuovo ambito finalmente aperto, quello in cui la donna riesce a emanciparsi dalla mancata possibilità di scelta di vita, preclusale fino ad allora.
Il sistema democratico, seppur considerato il migliore per proteggere il popolo dai dispotismi, tuttavia non può sottrarsi a proposte di perfettibilità, come afferma Léon Duguit, protagonista della trattazione di Alessandra La Rosa. La democrazia rappresentativa, infatti, secondo Duguit, va integrata con una maggiore partecipazione popolare diretta, una maggiore pénétration réciproque tra il corpo elettorale e il parlamento, affinché possa esservi una rispondenza effettiva tra diritto oggettivo e interesse generale.
A minare le solide basi teoriche ed empiriche sulle quali si stava affermando il sistema democratico nel mondo occidentale, nel XX secolo, una congiuntura economica sfavorevole, direttamente collegata al primo conflitto mondiale, ha lasciato spazio, o meglio creato un vuoto, che ha permesso l’istaurazione dei regimi totalitari nel cuore dell’Europa, inaugurando tristemente quella frattura epocale che ha fatto del Novecento il secolo più sanguinario della storia. È proprio la genesi del termine totalitarismo, la negazione più radicale e brutale della democrazia, che assume nel contesto culturale del tempo una valenza filosofica e ideologica fondamentale, che Giorgio Scichilone analizza nel suo saggio. Nella sua accurata ricognizione, egli mostra come quel termine sia stato coniato ad hoc per descrivere la dittatura fascista di Mussolini, che diviene quindi storicamente e politologicamente l’origine e l’essenza di un sistema totalitario; ciò curiosamente in contrapposizione all’esclusione, da parte dei Hannah Arendt ne Le Origini del Totalitarismo, del fascismo mussoliniano dal novero dei totalitarismi.
Dalla pagina cruenta di quella storia di metà Novecento, dove la parola Shoah echeggia come un triste monito, emerge una nuova idea di democrazia, più attenta ai diritti umani e alle libertà fondamentali. È questo che sta alla base della volontà dell’Assemblea Costituente italiana, che nel 1946, in un dibattito epocale di cui Francesca Russo ci descrive puntualmente i passaggi, portò a compimento un testo costituzionale che rifondava il concetto stesso di democrazia già nel metodo con cui si svolsero i lavori: dialogo, confronto e sintesi tra posizioni differenti, in cui il senso di civitas e dunque di comunità di valori e di scopi, veniva posto al di sopra e fuori dai vincoli politici e dagli interessi particolari. Da quel momento in poi si è sempre più assistito a una maggiore sensibilità internazionale riguardo al tema dei diritti umani, a una maggiore categorizzazione dei diritti individuali, per una relativa più efficace loro tutela. Così, pur tra le odierne contraddittorie posizioni riguardo a un’inflazione dei diritti che, di fatto, possono auto-vanificarsi nella loro proliferazione, si è proceduto verso il riconoscimento di sempre maggiori garanzie anche per le donne, e da ultimo anche per i bambini.
Paolo Carta nel suo intervento tratta proprio del delicato argomento della tutela dei diritti fondamentali dei bambini, basandosi sull’idea espressa da Hannah Arendt nel suo Refletions on Little Rock, dove la filosofa argomenta sulla relazione che intercorre tra bambini e politica, affermando come gli individui e la società tutta, molto spesso, per il perseguimento dei propri interessi e per portare avanti le proprie battaglie politiche, maltratta, strumentalizza e sfrutta i bambini.
La costellazione di tematiche e problematiche che hanno caratterizzato la democrazia nel corso dei secoli appare sterminata, e non accenna ad arrestarsi, con continue trasformazioni e “declinazioni” della stessa, nei luoghi in cui essa diviene valore da proteggere e forma di governo da adattare alle variegate circostanze sociali in cui si afferma. Questo libro ci offre un esaustivo esempio di come, tra passato e futuro prossimo, il concetto di democrazia si presti a numerose indagini filosofiche e politologiche, che ne seguono l’evoluzione e mutazione nel tempo. Restando fermo l’assunto per cui, attualmente, la forma di governo democratica si posiziona come unica forma di governo legittima in quanto la sola a fondarsi sul riconoscimento autentico delle libertà fondamentali degli individui. E per ciò stesso preferibile, al di là delle sue ricorrenti crisi.