Carl Schmitt e il nazismo. Sviluppi recenti della recezione schmittiana in Francia

Carl Schmitt ha conosciuto in Francia, almeno negli ultimi vent’anni, una fortuna crescente e trasversale,  non limitata ciò a studiosi che si riconoscevano direttamente come suoi allievi e continuatori (ad esempio  Julien Freund) o in qualche modo consonanti con lui dal punto di vista politico. Si sono moltiplicate così  le traduzioni delle opere maggiori del giurista tedesco e i contributi interpretativi anche da parte di intellettuali  di formazione diversa e di orientamento politico del tutto opposto, attratti dalla forza fascinatrice di una  scrittura ricca e pluristratificata (e in questo non priva talora di ambiguità) e di un pensiero capace di muoversi  con efficacia fra molteplici ambiti di pensiero: diritto, teologia, filosofia, scienza politica, letteratura. Sono  stati così posti in secondo piano, di fronte alla forza ermeneutica di un’avventura di pensiero per molti versi eccezionale, sia le pesanti compromissioni di Schmitt col regime nazista é almeno nel periodo che va dal  1933 al 1943 – sia il contenuto di molti scritti di questo periodo, caratterizzati dal tentativo esplicito di fornire  un sostegno scientifico-giuridico alla politica interna ed estera del nuovo regime. Si é stati favoriti in ciò  dall’abile opera di reinterpretazione del proprio pensiero da parte del giurista tedesco il quale, pur senza  negare mai il proprio passato o abiurare esplicitamente quanto sostenuto, nel secondo dopoguerra ha tuttavia  sfumato il proprio ruolo in epoca nazista presentandolo come quello del custode del diritto in un’epoca di  crisi o proponendo esplicitamente l’identificazione di se stesso col personaggio melvilliano di Benito Cereno.  E’ d’altronde nel senso di una presa di distanze a futura memoria da un regime dal destino ormai segnato,  che vanno probabilmente interpretate due conferenze tenute da Schmitt nel 1943 e nel 1944 e pubblicate nel  1945 col titolo complessivo La condizione della scienza politica europea. E nel senso di un’abile re-interpretazione del proprio pensiero vanno letti innanzitutto i verbali degli interrogatori resi agli americani  durante il suo breve periodo di detenzione dopo la fine del conflitto e quel testo è a un tempo illuminante e  reticente – che Ex captivitate salus, anch’esso composto, come suggerisce il titolo, durante la  detenzione.

[Per leggere di più, vedi allegato] 

02/05/2006
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