QUALCHE CONSIDERAZIONE SU UN ILLUSTRE LETTORE DI MONTESQUIEU, VOLTAIRE
1. Voltaire critico di Montesquieu: caratteri generali
Ragguardevole è la distanza, tanto sul piano metodologico quanto su quello ideologico tra Montesquieu (1689-1755), filosofo della modération e teorico dei corpi intermedi, e Voltaire (1694-1778), homme de lettres engagé e ammiratore di Luigi XIV (1638-1715). Senza dubbio, comunque, l’Esprit des lois risulta una delle opere politiche settecentesche più attentamente meditate dal patriarca di Ferney. È infatti possibile incontrare riferimenti – espliciti o impliciti – sia all’insieme dell’opus maius del Bordolese sia a sue singole teorie e affermazioni in quasi tutti i più importanti scritti voltairiani di carattere storiografico e di carattere politico pubblicati dopo il 1748, la data in cui – com’è noto – appare la prima edizione dell’Esprit des lois. E si tratta di un confronto serrato che perdura per oltre cinque lustri, se è vero che, varcata ormai da tempo la soglia degli ottant’anni d’età, il principe dei philosophes decide di riprendere e sistematizzare molti dei propri giudizi e considerazioni intorno al capolavoro montesquieuiano, espressi in precedenza, per mettere insieme un ricco Commentaire sur L’Esprit des lois, opera che esce dalla tipografia pochi mesi prima della morte del suo autore.
Come afferma Domenico Felice nel denso e ben documentato saggio introduttivo alla recente prima traduzione italiana integrale (con testo originale a fronte) di quest’interessantissimo Commentaire, il patriarca di Ferney mostra una certa propensione a leggere l’Esprit des lois senza tenere in adeguato conto che il signore di La Brède espone il proprio pensiero procedendo «per tappe e aggiunte successive, per cui si può avere un’idea sufficientemente adeguata di una nozione, di un concetto o di una teoria solo tenendo presenti tutti o la maggior parte dei luoghi in cui se ne parla». In questo modo, prendendo in esame l’opus maius di Montesquieu a spezzoni, cioè isolando singole frasi o affermazioni e su quelle costruendo le proprie osservazioni, il pugnace philosophe non sfugge a frequenti interpretazioni tendenziose, forzature e giudizi riduttivi dei testi. A tal proposito, Felice puntualizza che «non poche volte è dato riscontrare nei rilievi critici di Voltaire evidenti esagerazioni, una certa superficialità, la ricerca ad ogni costo della battuta ad effetto, un tono eccessivamente aspro o un intento fortemente denigratorio».
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