Religione e politica nella società post-secolare
Stiamo assistendo a una rimodulazione del rapporto moderno fra politica e religione anche in Occidente e a un ripensamento del ruolo del fenomeno religioso nelle società complesse? Il concetto di laicità delle istituzioni necessita di una riflessione alla luce delle nuove costellazioni emerse?
La religione è tornata prepotentemente sulla scena politica non a caso dopo il 1989. Già da tempo sociologi, politologi e studiosi del fenomeno religioso ci avvertivano sul “riemergere” di un bisogno di sacro in realtà mai tramontato, sull’importanza crescente che i riferimenti religiosi assumono per un numero sempre crescente di individui e gruppi. È innegabile che oggi la religione intesa in senso ampio – azioni ad essa ispirate, rivendicazioni avanzate in suo nome, conflitti che ne traggono origine – sia al centro dell’attenzione pubblica quotidiana di credenti e inevitabilmente, per riflesso, anche dei non-credenti.
Cresce soprattutto la domanda di un ruolo più pubblico per la coscienza religiosa. Un ruolo pubblico che non la mortifichi nel “privato delle coscienze”, perché una religione privatizzata è altrettanto mortificata di una lingua “privatizzata”. Far quadrare questa domanda di de-privatizzazione della religione con l’irrinunciabile laicità delle istituzioni è la sfida a cui il pensiero liberale e democratico si trova di fronte. Una sfida che va affrontata ripensando a fondo che cosa vuol dire e che cosa non vuol dire laicità delle istituzioni nel XXI secolo.
Il convegno ha avuto per oggetto questo ripensamento della separazione fra religione e politica in un contesto nuovo, segnato dalla consapevolezza dell’ineliminabilità di un momento pubblico della coscienza religiosa.