La politica “dolce”: autorità e potere nella république des oiseaux di Cyrano de Bergerac
Premessa
Nella storia delle utopie la forma che l’autorità assume nelle diverse comunità, società, città immaginate è parte fondamentale di quell’alternativa alla realtà che l’utopia rappresenta. Utopia è il luogo che non esiste (outopia), ma che deve essere anche luogo felice (eutopia): la perfezione, anche stilistica, del modello riflette la desiderabilità del luogo creato dalla fantasia dell’autore.
Nell’isola di Utopia di Thomas More, ad esempio, trenta famiglie eleggono ogni anno un magistrato («sifogranto» o «filarco»). I filarchi scelgono a loro volta il «magistrato supremo […] fra i quattro candidati nominati dal popolo […]. La carica di capo supremo dura tutta la vita, a meno che non desti il sospetto di aspirare alla tirannide». A capo di ogni dieci filarchi ci sono i «tranibori», che vengono eletti ogni anno, ma in realtà vengono cambiati solo per seri motivi. Al di là del merito della proposta politica – una repubblica che predispone al suo interno anticorpi nei confronti della tirannide attraverso la partecipazione delle “famiglie” alle decisioni che riguardano la collettività; la rotazione delle cariche, ecc. -, ciò che si può rilevare è l’accuratezza con cui le istituzioni vengono descritte. Le forme che l’autorità assume in Utopia sono parte di una certa costruzione alternativa alla realtà normativamente connotata.
Anche nella Città del Sole di Tommaso Campanella l’autorità politica ha dei connotati precisi, dalla forte carica simbolica. Il principe sacerdote, chiamato Sole (o Metafisico) «è capo di tutti in spirituale e temporale, e tutti li negozi in lui si terminano“. Egli ha tre principi «collaterali»: Pon, Sin, Mor, cioè Potenza, Sapienza e Amore. La Città del Sole è una repubblica pacifica, cooperativa, dove potere politico e religioso si fondono. Il Metafisico è il Magistrato supremo, il sacerdote, ma anche il filosofo per eccellenza. Cyrano de Bergerac, con il suo doppio racconto L’Autre monde (Les Etats et Empires de la Lune e Les Etats et Empires du Soleil), si pone in maniera originale rispetto alla tradizione dell’utopia. Ci sono due viaggi verso mondi lontani, di difficile accesso e che sono “altro” rispetto alla terra. Più che a un’immagine chiara e definita, ci troviamo, però, di fronte a una barocca «grande confusion». Difficile è inquadrare le opere e la stessa figura di Cyrano in uno schema o in una definizione rigida: libertinage flamboyant, scetticismo mite, utopia libertina, scientifica, a tratti magica, intellettuale, materialistica, atea. Nessuna categoria sembra poter contenere le numerose sfaccettature di un pensiero che si fa vivo attraverso la satira iperbolica o, come ha scritto Michel Onfray, attraverso l’anamorfosi, in una vera e propria «follia ludica».
Il protagonista dei due viaggi, spinto da una traboccante curiosità, sfida i suoi stessi limiti per compiere l’impresa di arrivare sulla luna e sul sole. Quando si trova fuori dalla terra, però, si accorge che il suo ruolo nel cosmo è equiparabile a quello di un essere vivente uguale a qualsiasi altro, senza che emerga alcuna possibilità di fondare in maniera sensata una propria superiorità.
La luna è, a tratti, un mondo alla rovescia dove le forme dell’autorità non sono poi così diverse da quelle della terra, in un gioco di analogia, opposizione e specularità. Differenti possono essere le modalità con cui attività legate ad esse si svolgono, ma Cyrano non propone istituzioni politiche radicalmente alternative, un modo diverso di concepire l’obbligazione politica, caratteristiche o qualità particolari che chi detiene il potere politico deve avere. Sulla luna ci sono un re, una regina, una principessa, che vivono nel loro palazzo, come potrebbe accadere sull terra.
Lasciare che le istituzioni e i centri di potere nell’altro mondo siano analoghi a quelli terrestri potrebbe significare anche la semplice accettazione della realtà esistente. E, in effetti, è anche nella tradizione del libertinismo, pur nelle sue molteplici e diverse sfumature, l’idea di una relazione di stampo conformistico con coloro che detengono l’autorità politica. Da una parte, c’è la difesa della libertà individuale del “saggio”, se e quando questa subisca limitazioni. Dall’altra, però, crollato il riferimento normativo, vi è l’obbedienza all’ordine politico esistente, anche a garanzia di uno spazio privato dove sia possibile il perfezionamento morale. Si tratta di un’obbedienza formale: il nuovo intellettuale che si viene configurando è quello che, seguendo Montaigne e Charron, si distacca dalla società, malgrado continui comunque ad esserne parte.
Se manca una proposta alternativa, presente è però la critica che comunque Cyrano sviluppa, velata, mascherata, parodistica, per esempio riguardo al modo di intendere la guerra. Questa esiste anche sulla luna, ma la maniera in cui viene condotta è singolare. Il numero dei componenti dell’esercito è lo stesso per entrambe le parti. Nella battaglia si scontrano l’uno contro l’altro individui dello stesso “tipo”: gli invalidi contro gli invalidi, i giganti contro i colossi, i coraggiosi contro i valorosi, eccetera. Alla fine, se le perdite risultano di uguale entità, si tira a sorte per stabilire il vincitore: «Ma anche se il re, dopo valorosa battaglia, sbaraglia il nemico, non ci guadagna molto, perché altri eserciti meno numerosi di sapienti e di uomini di spirito scendono in campo per decidere, con le loro dispute, il vero trionfo o la resa degli stati». La vittoria di questo tipo vale tre volte di più di quella combattuta sul campo. Alla fine il popolo vincitore sceglie il proprio re. Non c’è un vero e proprio capovolgimento rispetto alla guerra terrestre, ma si tratta di una modalità diversa e più ragionata che evita – e qui emerge la critica tagliente di Cyrano – il massacro di massa diretto dall’alto e senza motivazioni ragionevoli, molto spesso per puro capriccio dei potenti, quale è considerata la guerra secondo «i costumi della nostra Europa». La via verso la pace proposta da Cyrano, perciò, passa per una guerra condotta in maniera più ragionevole e meno violenta. Comunque, anche nel momento in cui è presente la critica del presente, Cyrano non può fare a meno di usare l’ironia: qualora riuscissimo a immaginarci i duelli alla pari e le dispute orali così come sono descritti dalla principessa della luna, probabilmente essi assumerebbero dei contorni grotteschi.
1. La république des oiseaux
In Les Etats et Empires du Soleil, invece, la parte dedicata alla “repubblica degli uccelli” suggerisce qualcosa di diverso. Il sole è il centro generatore di tutto l’universo, ciò da cui tutto parte e a cui tutto torna; una terra molto luminosa (ma composta anche da parti opache), una sfera senza centro, considerata da Dyrcona, il protagonista, come ciò che attrae gli enti verso di sé e che fa avere loro un peso. Egli vi cammina rotolando, facendo perno anche su parti del corpo ogni volta diverse, ad esempio, sulle gambe o sulla schiena; ogni movimento avviene con naturalezza e leggerezza. In questo contesto è presente un’utopia dai caratteri tradizionali, in cui viene descritto un modello politico alternativo a quello esistente sulla terra (che potremmo far coincidere con la monarchia francese del Seicento). Quando Dyrcona arriva nella repubblica degli uccelli viene subito imprigionato: la colpa è quella di essere uomo. Nell’attesa del processo, veniamo informati delle particolari istituzioni che questo paese ha. Il re è scelto tra i più miti, buoni e pacifici: «noi non scegliamo, per nostro re, che il più debole, il più dolce, il più pacifico; e, inoltre, lo cambiamo ogni sei mesi e lo prendiamo debole affinché anche il più piccolo a cui abbia fatto qualche torto possa vendicarsi di lui. Lo scegliamo dolce affinché non odi e non si faccia odiare da nessuno e vogliamo che sia di umore pacifico per evitare la guerra, canale di tutte le ingiustizie». Altra caratteristica è il controllo totale degli elettori sull’eletto: «Ogni settimana egli convoca gli Stati, dove tutti sono ricevuti per presentare le loro doglianze su di lui. Se si trovano anche solo tre uccelli insoddisfatti del suo governo, egli ne viene deposto e si procede a una nuova elezione». Durante la deposizione il re viene issato su un masso ai bordi di uno stagno, con zampe e ali legate. Basta che un solo uccello lo incolpi in maniera argomentata, per avere il diritto di gettarlo in acqua. Se però l’accusatore dichiara il falso, è condannato a subire la «morte triste»: «[…] Quelli fra di noi che hanno la voce più malinconica e funebre sono assegnati al colpevole che viene condotto su di un funesto cipresso. Là quei mesti musicisti si radunano tutto intorno e gli riempiono l’anima, attraverso le orecchie, di canzoni così lugubri e così tragiche che, poiché l’amarezza del suo dolore mette disordine nell’economia dei suoi organi e gli opprime il cuore, egli si consuma a vista d’occhio; e muore soffocato dalla tristezza».
Quella descritta da Cyrano è una monarchia elettiva dove, però, la posizione del re è molto debole. Non tutte le caratteristiche di questa forma di governo vengono delineate in maniera precisa. Ad esempio, non c’è riferimento a una legge fondamentale o a una qualche istituzione che possa fungere da limite al potere e a cui il popolo possa appellarsi. A fare da discrimine sembra piuttosto essere il buon senso. Vi sono dei sindaci, un Senato, e viene riunita l’Assemblea degli Stati generali, ma non conosciamo le prerogative di questi organi. Sappiamo solamente che il Senato ha il potere di concedere la grazia, perché grazie a questo Dyrcona viene salvato.
A fondamento di questa repubblica, come della società in generale, vi è l’uguaglianza di tutti gli esseri viventi. Il desiderio di distruggere l’uguaglianza è la colpa che si attribuisce all’uomo e nasce nel momento in cui egli si considera superiore agli altri esseri, usando contro di loro la forza. Accanto all’uguaglianza Cyrano parla di una naturale socievolezza degli esseri viventi. Non vi è l’idea di un patto per fondare la società politica. Perché questa entri in crisi basta che anche solamente uno dei cittadini si comporti in modo da spezzare l’uguaglianza.
Una prima difficoltà nella considerazione di questo principio riguarda l’estensione della repubblica. Cyrano parla anche, più in generale, di «république des vivants», volendo indicare, forse, l’insieme di tutti gli esseri viventi. Con il termine “repubblica” si potrebbe intendere la società in generale e, quindi, qualcosa che va oltre la forma di governo che gli uccelli si sono dati. La repubblica dei vivi è la globalità degli esseri viventi, naturalmente tendenti all’amorosa convivenza perché così ha voluto la «nostra comune madre» che li ha prodotti.
Secondo gli uccelli, l’uomo si crede superiore agli animali e crede che essi siano stati creati per la nostra soddisfazione. L’essere umano giustifica questa sua convinzione basandosi sulla propria superiorità fisica, ma «perché questa grandezza e disposizione di membra dovrebbe demarcare una diversità di specie, visto che fra loro stessi si incontrano nani e giganti?».
Il nucleo argomentativo dell’accusa che subisce Dyrcona durante il processo sul sole sta in questo unico e fondamentale principio. Secondo gli uccelli, gli uomini si sono inventati un diritto di imperio sugli animali, non giustificabile da alcuna considerazione teorica o tratta dall’esperienza: «Ma perché questa grandezza e disposizione di membra dovrebbe demarcare una diversità di specie, visto che fra loro stessi si incontrano nani e giganti?». Gli uomini sarebbero, al contrario, talmente inclini alla servitù da creare istituzioni atte a soddisfare in maniera permanente questa tendenza: essi «si vendono reciprocamente la loro libertà», rendendosi schiavi gli uni degli altri, per paura di rimanere senza qualcuno da servire. La visione dell’uomo che hanno gli uccelli è quella, perciò, di un essere molto debole e fragile, che non riesce a sopravvivere senza sottomettersi ad altri (gli altri uomini, Dio) e che non è consapevole di questa sua condizione. Anzi, la maschera e per bilanciare questo servilismo innato si inventa quel «principauté ridicule», a causa del quale gli animali vengono trattati ingiustamente, a volte anche a costo della vita.
Dopo che l’avvocato della difesa ha rinunciato alla propria arringa, essendo stato convinto da quella pronunciata dall’accusa, e Dyrcona viene condannato ad essere divorato dalle mosche, interviene il pappagallo César, il quale racconta che, sulla terra, l’imputato ha dimostrato una grande sensibilità nei suoi confronti arrivando anche ad ammettere che gli uccelli siano in grado di ragionare. Per questo, proprio nel momento in cui le mosche hanno cominciato ad attaccarlo, viene graziato dal re e dal senato. Il processo ha un carattere chiaramente simbolico: Dyrcona viene accusato non tanto perché ha commesso un’ingiustizia in prima persona, ma in quanto uomo. La sua punizione vale per tutti gli uomini, in particolar modo per quelli che consapevolmente fanno violenza agli animali.
2. L’uguaglianza di tutti gli esseri viventi e la superiorità degli uccelli
I problemi legati a questa parte de Les Etats et Empires du Soleil sono molti. Innanzitutto, si deve riflettere sul perché Cyrano abbia deciso di inserire un racconto di questo tipo all’interno di un testo che presenta pochi tratti tipici delle costruzioni utopiche, se non in una forma residuale o molto insolita. Alcune delle caratteristiche proprie della repubblica degli uccelli rientrano, infatti, in questo orizzonte: ad esempio, la situazione di pace è sicuramente desiderabile, legata al rifiuto della guerra, ma soprattutto di una pratica politica basta sulla forza e sulla violenza. In realtà manca una chiarificazione su questo punto da parte di Cyrano: esiste un esercito nella repubblica degli uccelli, anche al solo scopo di difesa interna? In coerenza con il rifiuto della violenza potremmo rispondere di no, tuttavia esistono uccelli che svolgono la funzione di «archers», quindi devono esistere soggetti – magari i più prestanti e aggressivi – pronti a combattere. Proprio all’arrivo nella repubblica, Dyrcona viene, infatti, imprigionato e le aquile lo controllano svolgendo «la funzione di una compagnia di soldati in armi». Nelle condizioni in cui si trova la repubblica degli uccelli, però, non c’è motivo di fare o dichiarare la guerra e sembra impossibile che regni tranquilli e pacifici al loro interno debbano rivolgersi esternamente a questo mezzo.
È presente, poi, anche una proposta di carattere istituzionale. Malgrado non siano chiari molti punti del “diritto pubblico” della repubblica degli uccelli, la mitezza, la libertà e l’uguaglianza degli uccelli, nonché i meccanismi di controllo dell’autorità, sembrano essere difesi da Cyrano, in contrasto con la realtà del suo tempo. Come ha scritto Alcover, si possono individuare valori della repubblica degli uccelli alternativi a quelli terrestri ed è paradossale e volutamente provocatorio che essi siano la base del comportamento di animali: là dove gli uomini usano la forza, nella repubblica degli uccelli c’è giustizia. Gli uccelli sono effettivamente liberi e nella loro repubblica la libertà va di pari passo con l’uguaglianza, mentre la libertà degli uomini sulla terra è più simile ad un arbitrio privo di limiti.
Il principio dell’uguaglianza, però, apre non pochi problemi di interpretazione. Una prima considerazione riguarda il fatto che l’uguaglianza non sembra in realtà essere rispettata nemmeno dagli uccelli, malgrado essi si considerino suoi custodi di contro a esseri – come gli uomini – che la distruggono costantemente. In occasione del processo gli uccelli togati si sistemano sugli alberi a seconda della loro dignità. In fondo, come nella Francia del ‘600, esiste un’Assemblea degli Stati, quindi deve essere contemplata una certa divisione di ranghi sociali.
Inoltre, nel momento in cui gli uccelli condannano l’uomo, la pena prevista è terribile: essere divorato dalle mosche. Essi si comportano, perciò, proprio nel modo che, nell’uomo, considerano deprecabile. Oltretutto, come abbiamo visto, il processo si dimostra una farsa, con l’avvocato della difesa che viene convinto dalla controparte.
La repubblica degli uccelli è un’utopia dalle caratteristiche singolari: gli uccelli sembrano mostrare gli stessi difetti e gli stessi limiti degli uomini. Fondano su virtù miti la società politica, ma alcune loro pratiche si dimostrano di tutt’altra natura. È pur vero che la colpa che gli uccelli attribuiscono al protagonista è la peggiore: aver rotto l’uguaglianza su cui si fonda la società, ma questo non giustifica, ad esempio, modalità “disumane” (o fin troppo “umane”) di applicazione della pena. Il fatto che questa non venga inflitta non cambia molto: se non fosse intervenuto il pappagallo César, Dyrcona sarebbe stato divorato dagli insetti. Inoltre gli uccelli si comportano in maniera ostile nei confronti del protagonista non per un suo atto malvagio o perché ha effettivamente recato loro danno, ma per un giudizio dato su di lui in quanto uomo, che prescinde del tutto dai suoi comportamenti e atti. Gli uccelli sembrano avere delle credenze ingenue – come, ad esempio, quella che le condizioni meteorologiche influiscano sugli affari umani -, ed in questo loro aspetto sono molto più simili agli uomini di quanto essi stessi ammettano.
Ciò si riflette sul giudizio morale riguardo a Dyrcona e alla sua umanità: l’uomo è «una bestia calva, un uccello spiumato, una chimera carica di tutte le forme della natura e che fa paura a tutte; […] l’uomo […] che la natura, per fare di tutto, ha creato come i mostri, ma nel quale tuttavia ha infuso l’ambizione di comandare a tutti gli animali e di sterminarli». Tra la varie motivazioni addotte contro l’uomo ve n’è una che associa l’atteggiamento di preghiera alla magia: «perché tutte le mattine leva in alto gli occhi, il naso e il largo becco, incolla le mani aperte con la punta verso il cielo palmo contro palmo e ne fa una cosa sola unita, come se lo disturbasse averne due libere; si rompe le gambe a metà in modo da cadere sulle sue cosce; poi con parole magiche che borbotta, ho fatto caso che le sue gambe si riattaccano e che si rialza allegro come prima. Ora voi sapete, signori, che di tutti gli animali c’è solo l’uomo la cui l’anima sia tanto nera da dedicarsi alla magia e di conseguenza costui è un uomo». D’altra parte, sulla stessa superficialità si fonda anche l’opinione della «plebe»: «“Ma come”, si mormoravano l’un l’altro “non ha né becco, né piume, né artigli e la sua anima sarebbe spirituale! O dèi! Ma che impertinenza!”».
Come gli uomini, anche gli uccelli credono di possedere ragione e immortalità, sentendosi superiori rispetto agli altri esseri. È per questo che Dyrcona non viene immediatamente ucciso, ma, prima, processato: «Non ci sarebbe difficile impedire con la sua morte le violenze che può perpetrare; tuttavia, siccome la salvezza o la perdita di tutto ciò che vive sta a cuore alla Repubblica dei vivi, mi pare che meriteremmo di essere nati uomini, cioè deprivati della ragione e dell’immortalità che noi abbiamo rispetto a loro, se fossimo loro simili in qualcuna delle loro ingiustizie». Gli uccelli si ritengono «divins esprits», ma se sono davvero divini e necessariamente giusti, perché dovrebbero sottomettersi a un potere che li frena e li controlla?
3. Cyrano “impolitico”
A questo punto il problema dell’autorità politica merita senz’altro un approfondimento. Il mantenimento dell’uguaglianza viene considerato una legge naturale, tutti gli esseri viventi sono naturalmente socievoli e tendono ad unirsi in società: perché allora il bisogno di una società politica? Questa naturale tendenza potrebbe consentire una sorta di autoregolazione e l’”amicizia” sostituirebbe i rapporti di potere. Il re “mite” non avrebbe, in realtà, bisogno che della fiducia per mantenersi al potere.
Inoltre, se è sulla base del possesso o meno della virtù della “mitezza” che il re viene scelto dai cittadini, allora ciò che fonda la politica è qualcosa che interessa l’ambito della morale, extra politico, una propensione che Bobbio ha definito come «la più impolitica delle virtù».
Questa scelta consente di chiarire, per quanto possibile, la posizione di Cyrano sul tema dei rapporti tra politica e morale.
La subordinazione della sfera politica a una virtù morale è, innanzitutto, un rovesciamento della posizione machiavelliana, secondo la quale la sfera della politica e quella della morale devono essere divise, nel senso che la politica non deve subordinare il proprio bene ad un altro che si collochi fuori dal suo ambito.
L’accento posto sulla virtù e la debole autorità che, di conseguenza, sembra avere il re degli uccelli fa pensare ad un Cyrano «impolitico». La sfera della politica viene superata per proporre qualcosa che è molto simile alle società parziali praticate dai libertini, ispirate all’uguaglianza e all’amicizia: «queste società parziali sono società di intellettuali, interclassiste, a-nomiche, anarchiche».
La scelta di descrivere una repubblica degli uccelli ha, allora, un doppio significato. Da una parte, suggerisce che dall’uomo non sembrano poter pervenire input per il miglioramento della propria società. Solo in un mondo del tutto “altro” possono realizzarsi stati preferibili rispetto a quelli che Cyrano conosce. Gli uccelli vivono in libertà e uguaglianza; non fanno e non subiscono la guerra; si sono dati strumenti per controllare strettamente l’autorità. La douceur è il fondamento della loro società politica. Potremmo dire, in questo senso, che la costituzione della repubblica degli uccelli è più conforme a natura ed è in questa direzione che l’uomo deve cercare per superare i limiti delle costituzioni presenti, imperfette perché il re detiene un potere assoluto, i sudditi non hanno modo di rendere efficaci le proprie lagnanze, gli stati continuano a farsi la guerra per i motivi più futili.
Dall’altra parte, però, questa società politica fa di una virtù, tradizionalmente considerata impolitica, il suo fondamento. L’uomo mite, per Bobbio, non «ha grande opinione di sé, non già perché si disistima, ma perché è propenso a credere più alla miseria che alla grandezza dell’uomo, ed egli è un uomo come tutti gli altri». Così sembrano porsi le basi per un superamento della politica stessa. La società potrebbe o dovrebbe reggersi anche solo su un rapporto di fiducia che si basa sulle doti e sulle qualità del re e sull’amicizia tra coloro che ne fanno parte e allora l’autorità potrebbe o dovrebbe tendere a scomparire. Il fondamento della politica diventerebbe, in definitiva, una virtù morale, che contiene in sé il potere di annullare la funzione della sfera politica stessa.
4. La “maledizione” del potere
Tali considerazioni non esauriscono l’interpretazione di questa parte de L’Autre Monde. Come abbiamo visto, gli uccelli si dimostrano, in molti dei loro atteggiamenti, simili agli uomini e Cyrano ripropone lo stesso atteggiamento ironico e tagliente nei confronti degli usi e costumi umani, così come aveva fatto per la luna. L’immagine degli uccelli togati è una parodia degli uomini che si sentono liberi nel momento in cui accusano in maniera indiscriminata e irragionevole qualcuno solo perché contrario alle credenze costituite.
Il motivo per cui Cyrano sceglie degli uccelli come protagonisti della sua digressione utopica non sembra, allora, essere molto diverso da quello che aveva ispirato Aristofane nella sua commedia Gli uccelli. Gli uomini, stanchi della propria città, ne costruiscono un’altra con i volatili con l’intento di farne una migliore, che però si dimostrerà non molto diversa dalla prima. Gli uccelli finiscono per dichiarare guerra agli dei e si sostituiscono a questi, chiedendo agli uomini di fare sacrifici in loro onore: «Se ci prendete come dei / Potremo servirvi quali / Muse divinatrici per i venti / Le stagioni inverno estate / Autunno: non ci ritireremo / A sedere lassù maestosamente / In mezzo alle nuvole come Zeus. / Ma vi staremo vicini e vi daremo / A voi ai vostri figli e ai figli / Dei figli ricchezze e salute / Felicità vita pace / Giovinezza risate danze / Festini latte di…galline. / Finirete con l’essere stufi / di tanto bene: così / ricchi sarete tutti»53. Allo stesso modo, nel racconto di Cyrano, gli uccelli ritengono di vivere in una condizione ottimale, nel rispetto di alcuni fondamentali principi, ma in realtà li negano nei loro comportamenti.
Pure creature “buone” come gli uccelli debbono, perciò, fare i conti con le conseguenze “demoniache” del potere, una volta che anch’essi siano costretti a darsi un certo ordine politico. Lo sguardo di Cyrano è, in questo senso, disincantato. L’altra faccia del potere è quella che egli vuole farci vedere, quella in cui anche dalla migliore volontà di bene può nascere il male.
A tal proposito può rivelarsi utile la ben nota distinzione tra l’«etica dei principi» e l’«etica della responsabilità», che Max Weber elabora nel saggio La politica come professione (1919). La prima fa riferimento a dei principi che si assumono come massime delle proprie azioni a prescindere dalle conseguenze a cui esse possono condurre. Si ha invece un’«etica della responsabilità» in tutti i casi in cui si bada al rapporto mezzi-fini e alle conseguenze del proprio agire. Riferendosi a come opera il sindacalista, esempio di colui che agisce secondo il primo tipo di etica, Weber scrive: «Se le conseguenze di un’azione derivante da un puro principio sono cattive, a suo giudizio [del sindacalista] ne è responsabile non colui che agisce, bensì il mondo, la stupidità di altri uomini, o la volontà del dio che li ha creati tali».
Colui che agisce in questo modo non mette mai in dubbio la bontà del principio che guida l’azione: altri saranno i motivi se un principio “buono” ha conseguenze “cattive”. Al di là di questo, ciò che tale distinzione mette in luce e che è rilevante ai fini della nostra riflessione sulla repubblica degli uccelli cyraniana, è l’oggetto della critica weberiana. Infatti l’affermazione che dal bene possa nascere solo il bene e dal male solo il male è, per Weber, una vera e propria assurdità: «Nessuna etica al mondo prescinde dal fatto che il raggiungimento di fini “buoni” è legato in numerosi casi all’impiego di mezzi eticamente dubbi o quanto meno pericolosi e alla possibilità, o anche alla probabilità, che insorgano altre conseguenze cattive. E nessuna etica al mondo può mostrare quando e in che misura lo scopo eticamente buono “giustifichi” i mezzi eticamente pericolosi e le sue possibili conseguenze collaterali». Inoltre il mezzo decisivo della politica è la violenza e chi ha a che fare con la politica «stringe un patto con potenze diaboliche». Sa quindi benissimo che, per quante opere di mistificazione o di oscuramento possa operare, la massima che dal bene può derivare solo il bene e dal male solo il male non può essere vera. Comprendere o meno questo vuol dire essere più o meno maturi dal punto di vista politico.
Se per Aristofane gli uccelli si corrompono nel momento in cui costruiscono una città, così anche gli uccelli di Cyrano, per mantenere un certo stato dell’autorità (e un relativo benessere che questa garantisce), devono venire a patti con quelle “potenze diaboliche” che sono necessariamente connaturate all’agire politico. Il potere che abbiamo definito “buono”, qual è quello della repubblica degli uccelli e per cui Cyrano prova forse una certa nostalgia, ha un’altra faccia: quella della violenza e della forza.
Cyrano ci mostra così un possibile nuovo volto dell’utopia. Nella repubblica degli uccelli sembrano, infatti, essere uniti in una sola immagine i due paradigmi del potere individuati da Ritter nella sua ricostruzione storica e filosofica di questo concetto. Da una parte, quello machiavelliano, realistico, dall’altro quello utopistico (o anche idealistico) risalente a Thomas More. Cyrano fa emergere una natura “diabolica” del potere nel cuore stesso della costruzione utopica.
Per usare un termine adottato da Friedrich Meinecke nella sua trattazione dell’idea di ragion di stato nella modernità, quella che grava sul potere è una «maledizione ineluttabile»: «Il potere veramente non è “in sé malvagio” […]. Ma chi lo possiede è […] in continua tentazione morale, di abusarne e di estenderlo oltre i confini della morale e del diritto»62. Nell’utopia di Cyrano il problema del “volto oscuro” del potere non è mai esorcizzabile fino in fondo, nonostante venga, al tempo stesso, proposto un ideale di comunità che funge da criterio normativo. Questo fondo oscuro ci dice quanto è possibile realizzare considerando l’uomo come un essere tra gli altri, e gli uccelli come esseri non diversi dalle altre specie, con un chiaro gesto polemico nei confronti di Montaigne, in cui il paragone sembra andare molto spesso a favore degli animali. Quella di un’autorità fondata su un potere mite e su virtù quali l’amicizia e la fiducia sembra essere l’unica proposta effettivamente rintracciabile. Essa deve, però, essere messa nelle mani di esseri fallibili e, a quel punto, molto realisticamente, il re dolce diventerà un uccello attaccato a un masso, bloccato nei movimenti, che può decadere con molta facilità.
Se questa lettura è legittima, si perde allora anche quella distinzione tra animali e uomini che ci aveva fatto immaginare una superiorità degli uccelli rispetto a quanto gli uomini possono effettivamente realizzare. Anche su questi animali, nel momento in cui si palesa il «volto demoniaco del potere», cade la «maledizione».
5. L’altra faccia dell’utopia
Con Cyrano abbiamo, allora, uno stravolgimento dell’utopia, o meglio comincia con L’Autre Monde una sua erosione dall’interno. Utilizzando, seppur in maniera originale, i canoni del racconto utopico, Cyrano si serve di questo per darne una visione del tutto originale. Da un punto di vista stilistico, L’Autre Monde è di certo un racconto di questo tipo perché mantiene uno stretto rapporto tra il «qui» e l’«altrove», non essendo strettamente realistico, ma presentando molte caratteristiche proprie degli ambiti del fantastico, del meraviglioso e della fantascienza. Come nella tradizione dei racconti in cui è presente un’utopia, anche nell’opera di Cyrano sono presenti gli stessi aspetti formali: il viaggio, la permanenza nella terra “altra” e il ritorno. C’è il protagonista e c’è una guida; tramite i dialoghi veniamo a conoscenza di come questo altro mondo sia strutturato; ci sono personaggi che si fanno portatori del punto di vista dell’autore. Nel caso dell’Autre Monde, però, sulla luna e sul sole il reale (il «qui») viene trasformato, capovolto, parodizzato: quello che otteniamo è una caricatura della terra e degli uomini. Non c’è un piano generale di riforma o la costruzione di un’organizzazione politica, sociale, economica alternativa. Se un intento propositivo c’è, questo va ricercato tra le righe, va più supposto che trovato. Il tutto sempre tenendo presente e predominante l’intento satirico di Cyrano. Ad una prima lettura, l’unico punto in cui sembra ritrovarsi – intatta e completa – la più solida tradizione dell’utopia è la repubblica degli uccelli.
Questa parte può apparire, però, ad una seconda lettura, esattamente l’opposto di quella piccola utopia che inizialmente immaginiamo di avere davanti. La proposta politica presenta i limiti e gli elementi di ambivalenza rilevati precedentemente. Nella repubblica gli uccelli vivono effettivamente in pace e in tranquillità, ma avendo, allo stesso tempo, atteggiamenti di ostilità e intolleranza nei confronti del diverso. È il paradosso del potere, quell’indicibile e ineliminabile suo aspetto “demoniaco”. Gli uccelli hanno in realtà gli stessi vizi e gli stessi difetti degli uomini: si sentono superiori ed esercitano sull’uomo che è di fronte a loro un potere violento (il fatto che siano giustificati dalle proprie leggi non ne modifica il carattere). Il processo, come abbiamo visto, è a tratti una farsa. Scegliere la via giudiziaria è sicuramente un modo per non consegnare le sorti di un essere vivente all’arbitrio dell’opinione (di un singolo o di una comunità) e per questo si tratta di una scelta giusta; ma il fatto che il processo sia immaginato in questo modo ci costringe a rivedere anche la positività di questo aspetto.
Anche quelle che potrebbero essere le proposte autentiche e sincere di Cyrano dal punto di vista politico (controllo degli elettori sugli eletti, mitezza del re, monarchia elettiva, rotazione delle cariche), sono pervase dall’ironia. Il re appeso sopra un masso con ali e zampe legate in balìa degli altri uccelli che, se argomentano in maniera adeguata la propria lagnanza, possono farlo morire può apparire anche come un’immagine grottesca. L’interpretazione proposta ipotizza un altro intento di Cyrano, giustificabile solo se consideriamo un duplice carattere del potere, che è sospeso tra mitezza, che ne rappresenta il suo fondamento ideale, e demonicità, che possiamo rilevare nel momento in cui constatiamo come esso funziona. Lo sguardo di Cyrano è disincantato rispetto al problema consistente nel determinare come il potere possa effettivamente darsi nella pratica e nella realtà del suo esercizio. Che poi ad utilizzarlo siano gli uccelli o gli uomini non cambia molto.
La luna e il sole di Cyrano sono mondi fantastici, assolutamente “altri” rispetto alla terra, per certi versi nemmeno troppo desiderabili. Cosa è presente, invece, dell’utopia come eutopia, luogo felice al quale potremmo non solo aspirare, ma che potremmo, almeno in parte, voler realizzare? Tratteggiare i contorni di un luogo felice può avere il suo valore anche semplicemente per lasciare un messaggio in bottiglia ai posteri (come, ad esempio, nel caso di More e Campanella), un messaggio che non spenga l’umana speranza in un mondo migliore. Di questa speranza poco o nulla è presente in Cyrano, dove ci sentiamo poco confortati da quanto accade – in profondità – nella repubblica degli uccelli. È questo, a mio avviso, il rischio che fa intendere Vittor Ivo Comparato quando scrive: «l’uso iperbolico dei moduli della letteratura fantastica, che hanno in comune l’idea di un mondo perfetto, situato nel passato o fuori del tempo, rafforza o indebolisce il valore propriamente utopico? Questa insistenza sull’alterità non finisce forse per allontanare troppo la speranza in una società migliore?». Forse dell’utopia rimane quasi esclusivamente il suo essere un “non-luogo”.
Cyrano tira, capovolge e ridimensiona, così, l’utopia utilizzando i suoi stessi strumenti. Forse questa può essere considerata allora un antecedente di ciò che, in seguito, verrà considerato antiutopia. Non solo un progetto da proporre all’uomo per un futuro possibile, ma, insieme ad esso, una satirica descrizione dei risvolti inattesi che l’utopia può avere. Questa inizia, cioè, già a configurarsi come distopia, intesa come «modello di una società perversa, ingiusta». La distopia è l’opposto dell’utopia considerata come eutopia, è ciò che non auspichiamo si realizzi o che dobbiamo evitare. La distopia mostra il vizio e non può né deve essere un progetto per l’umanità: può al massimo essere il progetto di una parte, di una classe, di un gruppo specifico. Se quella di Cyrano non può dirsi ancora una sistematica distopia, si tratta comunque di un’utopia che contiene internamente la sua autocritica, la quale non l’annulla, ma la rende appunto attenta ai risvolti insidiosi che sono legati al suo oggetto, cioè al potere. Per questo possiamo parlare, come avevamo anticipato, di erosione dell’utopia dall’interno. D’altra parte, seguendo Bazcko, si potrebbe dire che un’utopia di fatto esiste nella scrittura che un autore fa di essa. Esiste in quel testo che l’autore ci consegna, è quello il suo luogo fisico reale. Questo, per Cyrano, diventa un punto dirimente: in lui l’utopia mantiene allora la forma, lo stile dei testi utopici, ma al suo interno comincia ad essere già qualcosa d’altro, seppur in maniera incompiuta. Luogo dalla forma incerta e mutevole, con pieghe e risvolti nascosti che ho, in parte, tentato di mostrare.