Come stranieri a noi stessi: tra dimensione fenomenica e tensione all’ulteriorità. Note su ontologia e politica in Kant

Parlare di fenomenicità dell’ente pensante significa riconoscere che il soggetto può in definitiva riflettersi  solamente nella cosalità, vale a dire indirettamente; ed è di conseguenza, intrinsecamente scisso, estraniato. In  tal senso si può dire che si è come “stranieri a se stessi”; e lo si è tanto più allorché ci troviamo di fronte altri  soggetti, che proprio in quanto “interiorità”, ci sfuggono dunque interamente e ai quali a nostra volta  sfuggiamo. Se non possiamo riflettere noi stessi e conoscerci se non intuitivamente, fenomenicamente, come  potremo farlo infatti, allorché ci si trova di fronte ad altri “io”, ad altre interiorità che si trovano nondimeno fuori  di noi? Il saggio riflette, in maniera problematica, l’esigenza di pensare l’istanza politica all’interno della svolta  trascendentale. Se è indubbiamente vero che Kant concede al futuro uno statuto assiologico, come tempo  dell’approssimarsi umano all’ideale normativo sorretto dal Sollen, l’a priori storico che ne deriva risulta non  dotato di una valenza costitutiva (e perciò stesso fondante), ma solo regolativa. L’aderire del tempo alla  struttura umana finita e parziale, l’apertura all’incompiutezza mondo storico non bastano a risolvere nella Storia  il problema metafisico. 

[Per leggere di più, vedi allegato]

16/11/2008
Data
Autore

Non utilizziamo cookies di tracciamento degli utenti o di profilazione. Per saperne di più puoi visitare la pagina relativa ai cookies.